Quarantesimo giorno
Sentinella,
è al suo finire la notte.
Uno squarcio l’ha raggiunta.
Del buio resta
Solo un Varco.
Perché ancora avrai notte.
E ancora buia, e forse più.
Ma ora sai della notte il segreto.
Non morte, ma buio
che annuncianasconde
nascita e vita.
Come varco di donna:
gioia, attesa, paura,
e poi voce di bimbo.
Pianto e Canto
Insieme
Avanzano
Oltre la croce
Giampiero Forlani
Trentanovesimo giorno
Lo scultore è al lavoro, la sua mano plasma. Lentamente penetra il chiodo forgiato da altra mano e corroso dal tempo, crea un solco e va oltre. La testa al cielo, la punta alla terra. Perde il bianco la sua sterile neutralità, accade l’incontro, sosta il conflitto, scorre il rivolo rosso, cordone ombelicale di un nuovo grembo.
Maria Sara Rossi
Trentottesimo giorno
Vorrei bestemmiarti e mi costringo a cercarti. Autopsie di frammenti, forse visioni. Nemmeno la forma concedi ai tuoi figli, solo il dubbio che sia tua la scelta perversa di nasconderti. E che ridi di noi, e del tarlo della colpa che ci inchioda. Persino le braccia non osano più volare, Dio della resa. Orfani della più ovvia delle benedizioni sei scheggia, osso, ombra. Vedo solo ciò che l’abitudine induce. Vorrei bestemmiarti, ma sei inchiodato dentro. E non posso fare a meno di te.
don Alessandro Dehò
Trentasettesimo giorno
Nella sua antica simbologia la linea orizzontale rappresenta il tempo, la materialità, e la linea verticale la trascendenza, lo spirito. Cielo e Terra. È nell’incontro delle due linee, il centro, ciò che trasfigura il Cuore, che ognuno di noi può cercare il mistero del proprio essere.
Aldo Strisciullo
Trentaseiesimo giorno
“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra” (Luca 12,49)
Rosso fuoco è il tuo sangue.
Sulla croce, l’hai mostrato. A tutti, a me.
Signore Gesù, i tuoi gesti e le tue parole erano rosso fuoco:
quando prendevi per mano lo storpio o lavavi i piedi ai tuoi… la tua passione riscaldava i cuori!
I tuoi sguardi profondi e intensi: occhi innamorati, che interpellano personalmente!
Oggi con il tuo sangue versato, Spirito regalato, sii fuoco per tutti, per me!
Ravviva ogni amore stanco, ogni speranza spenta!
So che tu sei venuto per questo.
don Marco Perrucchini
Trentacinquesimo giorno
puzza di figlio sfregata
con talco di guerra
puzza di talco cariato
puzza di lancia in costato
e dadi lanciati
da sgherri che puzzano
puzza di polveri ultrasottili
puzza d’oro nel sangue
puzza di tumori in croce
strappano viscere
da pance di croci per farne corone
donna celeste –m’inganno?-
mi chiama: figlio
qui vieni a morire con me
figlio finito alla nuca
figlia spezzata dal padre
nutrite la roccia con larve
Gianluca Paciucci
Trentaquattresimo giorno
Numeri Ventuno
Prima che la croce fosse croce
e il figlio dell’uomo il crocifisso,
nel deserto un popolo rimpiangeva cipolle e mattoni.
Mentre la promessa di liberazione
rimaneva sospesa per tutti gli anni richiesti
alla maturità
(lenta è la purificazione del desiderio,
umile l’obbedienza alla Legge),
la carovana dell’esodo
– insaziabile –
abbaiava contro il Dio dei padri.
E come allora venne innalzato un serpente di rame
per guarire dal veleno dell’ingordigia
così oggi viene appeso un corpo d’Uomo
per affrancarsi dal morso untuoso degli idoli
e saziarsi di dolce misericordia.
don Massimo Maffioletti
Trentatreesimo giorno
Slègati, lìberati, solo tu puoi farlo. Nessuno ti salverà, nessuno ti aprirà gli occhi. Con fatica e costanza resta solo. Nella solitudine cercati, guardati, trovati. Se sarai integro allora, solo allora potrai aprire gli occhi. Uomo libero, vedi la realtà? Uomo sottile, guarda la perfezione, unisciti ad essa e nell’infinito contempla Dio.
Valeria Peque Marchesi
Trentaduesimo giorno
La croce mi fa paura. Evoca con forza inaudita il dolore, ogni dolore, il più atroce dei dolori. Dolore di corpo e di anima, dolore di sensi e di sentimenti. Dolore disperato e disperante. Dolore incompreso, deriso e giustificato. Dolore fatale, inaspettato e assurdo. Dolore provocato, inflitto, voluto. Il dolore mi fa paura, il mio e quello altrui. E i crocifissi? La schiera infinita di crocifissi a cui temo di essere aggregato prima o poi? Li allontano come la loro croce? Li guardo da lontano attraverso finestre mediatiche? C’è spazio almeno per la pietà? O l’anestesia del dolore ha raggiunto anche il cuore? E Dio dove sta?
E allora che è questa croce bianca, luce su fondo di tenebra? Chi può trasformare la croce così? Un uomo non si è sottratto alla croce, lo ha fatto non per uno, ma per tutti, non per i giusti ma per gli ingiusti, non per un momento ma per sempre. Il suo nome riecheggia ancora denso di speranza: Gesù. La croce bianca di luce è la provocazione di un amore più forte della morte e del male. Una croce così squarcia ogni tenebra. E Dio sta lì.
+ Francesco Beschi
Trentunesimo giorno
A me non richiama immediatamente un crocefisso, cioè la croce simbolo del cristianesimo. Il colore e la forma me la fa assomigliare a un rifiuto, come un pezzo di legno appartenuto forse a qualche barca, portato a riva dal mare. Un mare inquinato dal petrolio che lo ha imbevuto. È come un legno smussato, corroso, consumato, levigato dall’acqua, dal sale, dal sole e dal petrolio. Mi sembra un oggetto pieno di dolore che lo incide con delle ferite fino a trapassarlo.
Qualche tempo fa ho visto un filmato di un uomo che a Lampedusa sta creando una specie di museo con oggetti e pezzi che il mare porta a riva. O meglio sono pezzi recuperati tra le rovine delle imbarcazioni dei migranti del mare. Nella parte del porto dove vengono trascinate le carcasse delle carrette del mare, quest’uomo recupera pezzi di cose appartenute a chissà chi: vestiti, oggetti, bagagli, sandali, biberon vuoti, lettere, pezzi di libri… persi, abbandonati dai migranti in fuga. Uomini forse arrivati a riva o forse in fondo al mare. Questa croce mi sembra una di queste cose. Questi oggetti recuperati sono pugno allo stomaco, parlano e raccontano di chi li aveva, indossava, leggeva, pieni di ricordi, fanno venire i brividi.
Giuseppe Perico
Trentesimo giorno
Nonno i chiodi li toglieva uno a uno. Gesti di tenaglia pazienti ma determinati.
La mano nodosa li sfilava con un fioco stridere, lentamente dalla testa fino allo sgusciare della punta.
E il legno, prima di bruciare nella stufa, mostrava il loro solco.
Netto, tondo. Impolverato di ruggine e, sotto, lucente.
Stefano Bonomi
Ventinovesimo giorno
Cammini destini incontri scontri
Fuggire tornare, amare odiare
Dettaglio e miraggio
La meta la cima, una casa una deriva
Un segno, i suoni, il filo, la parola
Trovarsi o lasciarsi, spogliarsi e salvarsi
Connessioni espulsioni, decisioni barconi
Una strada, la via
Scegliere
Testa o Croce?
Croce!
Ho sempre scelto croce.
Gimmy Schiavi
Ventottesimo giorno
Croce
tenerezza d’abbraccio
apertura divina che si fa grazia d’accoglienza
misericordiosa mano di morbida carne
che come bimbo s’apre fiore all’alterità tutta
innocenza che il mondo ogni volta è
agli occhi nuovi dell’amore
Croce
possibilità d’essere Essere.
Patrizia Gioia
Ventisettesimo giorno
Sulla croce
il corpo torturato
– pallido e rosso –
alba di speranza
mai vinta
dalla notte del male.
don Roberto Cividini
Ventiseiesimo giorno
Non mi piace la croce.
Ti urla addosso il dolore
lo strazio
di un Uomo ucciso
tradito
torturato
e molto male intorno.
Mi urla addosso il dolore
lo strazio
di ancora troppi uomini
e donne
e bambini
traditi
torturati
uccisi
e molto male intorno.
Non mi piace.
Mi piace, invece
il sepolcro vuoto della Domenica di Pasqua
la gioia incredula
di una donna
che non capisce
e corre, corre
pazza di gioia.
Ma questa croce
così lievemente vestita
ricamata
da mani amorevoli
non urla.
Se mai, sussurra
un piccolo dolore privato
tristezza che si scioglie
e lascia spazio
uno spazio vuoto
nel vuoto non c’è più dolore
è vuoto
ma pieno di gioia
una promessa
come il sepolcro
la mattina della Domenica di Pasqua.
Francesca Varisco
Venticinquesimo giorno
Io chi sono per te?
intreccio inestricabile di ambivalenti tensioni,
grido profondo dell’anima
in equità tra attrazione e repulsione dove accade,
delicatamente,
travolgente Amore
non trattiene, morte, ciò che origina vita.
un amico
Ventiquattresimo giorno
L’Appeso. Gli Appesi.
L’Appeso: unica e solitaria, alta e perfetta, decisa e diritta rossa traccia di amore sofferto, caparbiamente promesso, liberamente giocato, totalmente e gratuitamente donato.
Gli Appesi: tante e comuni, terrose e imperfette, incerte e fragili tracce rosse d’amori sofferti, promessi e traditi, incontrati e rifiutati, vissuti e bestemmiati, accolti e pregati.
Appesi all’Appeso: amori salvati.
Mons. Domenico Sguaitamatti
Ventitreesimo giorno
Croci innalzate, non-croci scavate.
Croci a cui si inchioda il dolore, non-croci che schiacciano chi sta ai piedi del dolore.
Il legno pieno, piantato nel grembo vuoto.
Grembo squarciato: che accoglie e che genera, che abbraccia e che accompagna.
Grembo attraversato: da un braccio spezzato trasfigurato in un candido passo di danza.
È la “croce sospesa”: tra il non-ancora del cielo paterno cui tende e il già di questo grembo materno da cui è sostenuta.
Maria Bottiglieri
Ventiduesimo giorno
Un bambino solo su una superstrada che porta una borsa e un giaccone: sta camminando vicino al confine tra Grecia e Macedonia. Altre persone, sulla stessa strada, come lui sono in fuga dalla guerra, in viaggio da migliaia di chilometri: davanti a loro il confine, chiuso dal filo spinato dalle autorità macedoni. Questa croce “greca”, il bianco e l’azzurro, ci ha fatto pensare subito alla Grecia, ai 25.000 profughi e migranti che cercano in ogni modo di arrivare in un luogo sicuro, ognuno con la sua croce portata dentro, insieme alla speranza di un futuro degno di essere vissuto.
Quante croci incontriamo ogni giorno, magari appese ad un braccialetto o riprodotte su un libro ma non vediamo quelle che le persone portano nel cuore.
Giusi e Giorgio
Ventunesimo giorno
Tua e mia croce.
Io, croce piantata nel tuo cuore, abbracciata solo per amore.
Tu, croce del mio continuo e appassionato tormento, mia unica vera speranza.
don Luigi Manenti
Ventesimo giorno
Io, quel chiodo
la parola che fece madre la Vergine
segnandola per sempre
impastati terra e cielo
il soffio di vita
che fa del paciugo
un uomo nuovo
io
quel chiodo
trafitto nella carne
ossidatosi nel sangue
accompagnandomi a morte
ha segnato la terra
per sempre.
E ogni suo figlio
ogni figlia
in me e con me rivivrà.
Il n’y a pas d’homme condamné.
Luca Betelli
Diciannovesimo giorno
La croce è una doppia linea tesa verso l’azzurro, richiama immediatamente alla sofferenza ma anche alla speranza. Mi piace pensarla invece come una tensione dell’uomo verso l’assoluto, come la linea perfetta che fa incrociare terra e cielo. La croce come sofferenza, limite, sacrificio, ma anche slancio, coraggio, dedizione. Il vincolo come risorsa, il limite come opportunità. La croce come scelta.
Corrado Maffioletti
Diciottesimo giorno
Si riconosce una bocca. Sembra la testa di un animale. Si riconosce come un grido rivolto all’alto, come un grido di sofferenza. Sembra un rivolgersi all’alto anche da parte dell’animale, poiché tutta la creazione geme e attende il parto, poiché tutta la creazione, che in un certo senso è già cielo, è già azzurra, guarda in alto e grida al cielo. Forse solo la croce riesce a dar voce a questa voce che è anche la voce del sasso e del gatto, del fiume e dell’albero, di quell’ultimo essere che in verità non è affatto l’ultimo.
Silvano Petrosino
Diciassettesimo giorno
Due colori alla Stendhal per la croce dei giocatori d’azzardo, incerti, alla roulette della vita, se puntare sul rosso o sul nero, e sempre perdenti. Qui a vincere è il rosso, denso sangue che scorre, come fiume strozzato tra due pietre, a sembrare farfalla o gradino, ed alzarsi con passi e con ali, levandosi al cielo.
Giovanna Brambilla
Sedicesimo giorno
Una croce, che prova a unire la terra e il cielo, l’inferno e il paradiso, l’uomo e Dio. Si tratta di non dimenticarci mai dell’uno e dell’Altro: senza Dio non abbiamo l’uomo, ma solo l’uomo è deludente e, a volte, spaventa. Insieme torna la speranza che apre un orizzonte di senso e significato. Dio si china sull’uomo.
don Patrizio Moioli
Quindicesimo giorno
-Non avresti dovuto dirmi che si trattava di una croce.
– Perché?
– Perché l’avrei voluta riconoscere. Ha perso i contorni.
– Anche tu vedi la carne, l’esplosione, le frustate, il legno liquido? Fa pensare a Bauman.
– Sì. Fa pensare all’uso e consumo. Tu dici carne. Se dicessi scatola?
– Ti rispondo industria della paura.
– Se ti dicessi rifiuto?
– Ti rispondo che è forte, che è troppo, che ho bisogno di non vederlo come scarto, ma mancanza, nel senso della poesia che dice “io sono la mancanza”.
Dialogo. Marco Bergamini e Rita Ceresoli
Quattordicesimo giorno
Umanità, croce di te stessa:
fragile, scomposta, frammentata,
ridotta a cocci frantumati,
a corpo senza identità…
ma non “vedi” ancora
come l’abbraccio
del Dio della Misericordia
già ti abbaglia di luce,
ti accarezza di un candido respiro
ti ricompone nel colore della tenerezza
ti dona sapore di eternità?
don Franco Castelli
Tredicesimo giorno
Bianca terra e cielo nudo, davanti agli occhi: il Pian di neve che dal Maroccaro scende al Lagoscuro, intorno il silenzio rotto dall’ansimante respiro, tra le morene un sibilo, latrato di una Schwarzlose, il cuore che batte i piedi che affondano, gli occhi son chiusi, rossa terra e cielo buio…. poi: una mano, una croce e di nuovo la luce.
Luca Prometti
Dodicesimo giorno
Scarlatta come se parlasse d’emergenza e invocasse soccorso. La sofferenza ha qui il volto della tragedia, cruenta e improvvisa. Essa vuole una cura sollecita, coraggiosa, perfino eroica, disposta a perdere colore, lucentezza e a farsi segnare. Nella tragedia dell’uomo nasce una croce rossa che grida “tutti fratelli…”.
Filippo Pizzolato
Undicesimo giorno
Una vita spesa nella cura di relazioni fraterne, appassionate, generative di futuro e attraversate dall’infinitezza del cielo. Gesù e i dodici – “quelli della via” (At 9,2) – tracciano un solco nella storia dell’umanità: marcano il cammino, una strada. Il filo sottile dei giorni tesse questi respiri sospesi nello spazio, rendendoli alleati e custodi dell’unicità di ogni volto e dell’unità del tutto!
don Omar Valsecchi
Decimo giorno
Incroci di terra e di cielo. E poi anche il mare. Incroci di vie abitate da viandanti della Terra-Patria tutta intera. Vie percorse da aspirazioni e speranze, sofferenze e paure, vita e morte. Vie mai dritte che s’incrociano nella croce. Vie fatte di muri e barriere. Ma la croce, che le porta e ne è attraversata, schiude alla possibilità e alla responsabilità di nuove soglie aperte all’accoglienza e alla condivisione.
Chiara Brambilla
Nono giorno
Puoi scorgere mio viso su quel viso graffiato dalla storia?
Può riflettersi la luce del risorto sulla croce che non so prendere e portare?
Posso credere che quel legno sia culla di faggio, grembo caldo, petto dove riposarmi come bimba svezzata sul seno della madre?
La mia fede bambina tende le braccine verso te: sollevami!
Lidia Maggi
Ottavo giorno
sulla linea dell’orizzonte la terra si lega al cielo
incrocio sottile
di vite che si sfiorano
mentre il cuore spera un contatto
si muovono occhi, mani, piedi
di uomini in attesa…
occhi bendati
mani schiacciate
piedi legati
occhi che sperano sguardi
mani che chiedono abbracci
piedi che seguono tracce
occhi persi
mani ferite
piedi consumati
occhi che nascondono rara bellezza
mani come pugni aperti
piedi che sfiorano una terra su cui fermarsi
per vivere in pace
solo lì
sulla linea dell’orizzonte
si muovono occhi, mani, piedi
di uomini che cercano
Gianmario Vitali
Settimo giorno
Fasce che stringono ferite,
legami incancellabili.
Corde salvagente.
Trapassano
punti di sutura
visibili filamenti di sangue
senza cedimento
sulle ferite umane.
Spirito,
spina che s’incunea nella carne.
Laceratevi il cuore e non le vesti
sono venuto a fasciare i cuori spezzati.
Incroci
Fessure di luce, ferite risorte
aperture rivelatrici.
Tutto è unificato.
don Enrico D’Ambrosio
Sesto giorno
Guardando questa croce penso al male che ci imprigiona, che ci avviluppa e fa sì che ci chiudiamo in noi stessi. La presunzione, l’egoismo, l’avidità, l’avarizia ci rendono duri e impenetrabili ai gesti di pace, all’amore di Dio, alle richieste dei fratelli, alla bellezza del creato. Respingiamo tutto il bello e il buono che ci circonda e restituiamo freddezza e buio. Solo allargando le braccia e accogliendo Cristo che, anche sulla croce, restituisce parole di amore e di perdono a chi lo inchioda, saremo redenti.
Perlita Serra
Quinto giorno
Un chiodo.
E una croce.
O un cuore?
Rosso carne.
Pieno di vita.
Con mille vibrazioni.
Penetrato da cima a fondo dal chiodo.
Nero.
Inquietante.
“Non c’è un amore più grande di chi sa dare la propria vita per colui che ama”.
Sconcertante.
Appagante.
Commovente.
A dirmi: “Tu sei prezioso per me”.
Una croce che si fa cuore.
E lasciarsi penetrare dal male.
Per amarlo.
Benedirlo.
E il mio cuore a vibrare nel profondo.
don Emilio Brozzoni
Quarto giorno
Proprio poca roba. Per chi sta cercando troppo vicino a sé, alle sue coordinate, ai suoi parametri. Poca roba un Dio che ama la terra. E quando dico terra non sto dicendo mondo: dico fango, acqua – magari sporca – che corre sui passi battuti. E come si poteva pensare che l’impasto meno nobile – perché questa è la nostra materia umana – potesse essere così piena di infinito?
don Luciano Manenti
Terzo giorno
Nessuno di voi saprà dove
tengo le punte
Nessuno tra voi avrà i colori
delle mie ferite
Nessuno con voi accennerà
a chiodi che nascono
dentro dentro dentro
Sergio Cortesi
Secondo giorno
Ancestrale … primitiva
nella sua genesi di pietra
muta ci scruta
Nera … mutevole
lava vetrificata
distesa sull’anima
algida al tocco
nella sua sofferenza arde
S’insinua tra indefiniti anfratti
nelle iridi scolpiti
di chi osò guardare
cedendo poi il capo alla terra
Siamo eredi e vittime
del simbolico primigenio
saturo del verbo
inchiodato allo spirito
Raffaello Corti
Primo giorno
Tra movimenti di onde frastagliate e strisce di cielo nei mattini d’inverno, arrivano le nostre storie anch’esse dolci o sciabordanti a cercare forme che sappiano tenere assieme spigoli taglienti e morbidezze di abbracci.
Anche questo è la croce. Intreccio di forme e intensità di vita capaci di riscoprirsi dentro a ciò che riporta al centro delle cose importanti… blu profondo di ciò che da senso e sa riportare ad unità anche i frammenti più diversi.
don Chicco
Foto: Marco Ronzoni © 2016