Un vetro opaco
dove abita la polvere
che pesa sulla memoria e la nasconde,
non per tutti
la pulizia rivela una luce
nel labirinto di nebbia
la rete stringe a sè
sudore e silenzi
respiri pesanti di piedi
e di cuori in fuga
speranze spremute
e attese illuse … solo il sogno
non si spegne
e chiede compagnia ad un fiore
ci sono fiori incantati
freschi, di campo
in attesa fedele
della primavera
… che ogni giorno ritorna
a svegliare quel sogno.
Gianmario Vitali
L’affanno della fuga. La paura della violenza, di forza impari. L’orizzonte si chiude. Tutto sembra
sparire, inghiottito e dissolto dall’attimo della prova. Ma oltre la linea della Resistenza un nuovo
orizzonte si prepara e si tiene aperto, memoria del sacrificio e custodia accogliente dell’umano
di domani.
Filippo Pizzolato
Si svegliò presto con quelle parole in testa.
Le ultime di quella corta notte.
Dormivano in soffitta, sulle assi,
la nonna, quella sera, non ne aveva voglia,
metteva in ordine le parole, in italiano,
come sempre la notte,
raccontando l’epopea dei bachi da seta:
le foglie, le gallette, i ripiani di legno,
la pulizia quotidiana
e la speranza che formassero grandi bozzoli,
la seta preziosa.
Ma la pianta la chiamava in bergamasco,
ol murù,
e attorno a lei, diceva, tutto gira,
e la tagli e la tagli,
anno dopo anno e lei non muore, mai.
Si alzò,
li voleva raggiungere con il sole ancora basso
a far lunga la sua ombra.
Altri ve n’erano
ma voleva quei due.
La piccola macchina fotografica,
le preziose lenti tedesche
avrebbero aiutato a dire, meglio delle parole,
quello che andavano facendo per la libertà,
in quei giorni di paura.
Inforcò la bicicletta, quella del padre,
la domenica non faceva la guardia allo
stabilimento,
prese la strada sterrata,
spinse con forza sui pedali e vi giunse.
Li voleva inquadrare entrambi,
e il grano, biondo, pronto,
ma che vi fosse anche la sua ombra.
Avrebbero potuto tagliarlo,
annientare lui e i suoi amici,
“Ma il gelso – disse tra sé – non muore mai”.
Luca Betelli
Lieve tratto di respiro, umile accenno di vita che fragile si affida a penultime parole.
Non c’è fremito d’ira in una vita che comprende tutto perché non difende
e il frammento diventa delicata narrazione che dischiude trame di vitale danza.
Non c’è paura nell’affidamento indifeso d’umanità consegnata.
Ed è eredità da custodire
perché non rapisce ma libera dalla risentita tenaglia della morte.
Brividi di silenzioso rispetto perché qualcosa accada anche in noi.
E sarà ultima, la fine, solo se
permettiamo che lo sia.
Altrimenti vita.
un amico
Li sentite? Li cercano e loro, affannati per il gran correre con il loro carico di armi e munizioni, sono acquattati nel bosco, sono tutti stanchi, sudati e magari hanno anche sete.
Non vi sembra di vederli tra le piante? Uno stringe tra le mani una macchina fotografica tedesca, l’accarezza e sorride, ha il cuore in tumulto, quante emozioni!!! É il futuro, la libertà, la democrazia il realizzarsi di un sogno…………………
Una macchia rossa, il cuore, la passione, il colore di una speranza più forte e resistente della violenza, del sopruso, delle percosse e della morte.
Piero Gentile
Un’ombra, un’immagine impressa, un’icona: una novella sindone in cui si legge un corpo che ha perso le sembianze umane, un volto sfigurato e ferite, che attraversano il tempo e lo spazio. E poi un cuore. Un cuore che ha smesso di battere ma che non ha smesso di resistere: per l’amore, per la famiglia, per la città, per la salute della patria. E per la dignità. Il volto di questa sindone della resistenza lascia trasparire un’energia contenuta, ma potente, come se dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza nella forza della libertà, dell’eguaglianza, della fraternità. La forza della pace e della democrazia vince tutto: l’orrore delle guerre, dell’annientamento di popoli e persone, delle discriminazioni. Ma devi lasciare che questo cuore continui a pulsare anche sotto la cenere.
Continua a farlo battere, continua a resistere: sempre.
Maria Bottiglieri
Resistenza è oggi restare umani.
La guerra è una trappola che si nasconde nel
bosco
dove cadono come foglie i figli degli uomini.
Macchia nera dell’intelligenza;
inchiostro inconfondibile
e indelebile
dai tratti dis-umani
di uomini legati
a volti senza volto
quanti sono morti senza nome e memoria.
Vittime tradite, e sconfitte dalla guerra
ma non sconfitte nel sogno
di dare luce a un mondo meno fosco.
E c’è una donna che continua ad andare nel
bosco
per lasciare nei suoi passi,
ormai stanchi e ripetitivi della nostra storia,
tracce nuove di umanità
là dove la barbarie
s’infittisce nella selva oscura degli uomini;
là dove l’uomo si smarrisce
quando obbedisce cieco ai potenti
e ne perde la memoria.
Liberazione!
Non è commemorazione
è un compito sempre da intraprendere.
Liberare l’uomo non è inattuale alla
coscienza
seppure è disatteso da una vita caduta nel
sonno.
Torniamo nel bosco,
per non spegnere la speranza
che molte vite spezzate
hanno portato legata a sé.
Cogliamone i tratti in bianco e nero.
RESISTERE è tenersi stretti
a ciò che ci libera e libera uomini!
don Enrico D’Ambrosio
Il vento mi sfiora il volto e attraversa il prato piegando con attenzione uno a uno ogni filo d’erba. Sono fermo immobile a terra e intorno a me tutto è freddo e silenzioso.
Nella memoria la mia città, le mie mura, la mia casa. Tutti gli affetti vivi in quell’ultima istantanea. La corsa è stata lunga ma non è bastata. Non rinnego nulla, impegno, libertà e passione sono sempre stati il sale della mia esistenza. Un’esistenza che ha saputo ribellarsi, un’esistenza che (anche) oggi insieme chiamiamo RESISTENZA.
Carlo Colombi
Consumo.
Non solo di scarpe,
come tutto con il tempo,
ma di passi, di piedi, di tempo
e di memoria.
Logora memoria.
di istituzioni
di verità assunte.
Memoria che non scava.
Riprendiamo il cammino
a piedi nudi.
Che la terra ci ferisca, anche.
Feriti dall’aderenza della memoria,
quotidianità di oggi.
Non vogliamo vittime o eroi da ricordare,
cimeli, musei.
Vogliamo sassi, rumore, vene, tempo.
Tempo nostro.
Aderenti,
Tempiterni.
Giampiero Forlani
Pareva na festa
l’Italia? S’è desta?
Fratelli, gemelli
tiriamola a sorte
tè vita, a me morte.
Il fucile sudato
il pensiero rubato
lo scatto mai nato.
Ultima luce.
Affiora il ricordo
e mesto, e lieve
a te prego
perdona.
Gimmy Schiavi
“Le tracce incise, le cancellature e i ripensamenti, i profili spogli. L’insieme di segni e piste tratteggiato da Giulia Gentilcore potrebbe raccontare una storia di scivolamenti, inciampi e desolazione.
Ma lo sguardo fisso nella macchina non rimanda ad un tempo bloccato e impossibile da mutare; al contrario, la più sorprendente e forse irragionevole tra le forze dell’umano è proprio quella che rende possibile immaginare un futuro diverso anche in mezzo alle macerie e alla sopraffazione.”
Mauro Baronchelli
Cuciture… ritmiche e costanti, reticolate o improvvise,
iscritte da altri su di me o infilate da me stesso come buone
e umane ferite;
storie, affetti, relazioni, amicizie, alleanze che ho dovuto
difendere da chi imponeva invece lacerazioni, discordie,
divisioni staccando i fili, i legami e gli intrecci della vita
in nome di una razza perfetta e superiore.
Non sarebbero mai state cuciture a ricamo, ma certo più
umane, vere e libere di quelle imposte e condizionanti di
chi non vuole intessere la vita ma prevaricarla.
Ho tentato di ribellarmi, ma come tanti non ho
apparentemente vinto. Ho finito di cucire, ma so di non
aver cucito invano!
don Franco Castelli
Il paesaggio innevato di questa fotografia evoca certamente i luoghi della Resistenza e le difficoltà del trovare rifugio nelle dure condizioni ambientali della montagna invernale. In molti racconti dell’esperienza partigiana sono ricorrenti i rimandi alla neve, al freddo, alla fatica e alla sofferenza patita in quegli inverni, ma al contempo emergono vivide nei protagonisti di quell’epopea le sensazioni di bellezza e immensità che la montagna ha suscitato.
Stefano Morosini
Gli alberi c’erano quel giorno, forse ci sono sempre stati. Agli alberi sono stati affidati gli ultimi respiri dei partigiani. A questi alberi, proprio in questi boschi. Gli alberi hanno radici e fronde, ci aiutano a conservare la memoria. A loro affidiamo anche oggi i nostri ricordi di quei giorni come legame vivo e fertile. Perchè queste sagome? Sagome come forme, sagome come ombre, sagome come controfigure. Gli uomini di oggi e gli uomini di allora. Il passato e il presente. Le radici e le fronde, i tronchi e i rami.
Corrado Maffioletti
Come tronchi abbattuti
cadono i corpi di ieri.
Nel silenzio,
il tempo sorvola come brezza,
accarezza sangue e lacrime,
e in un soffio sommesso sboccia un trionfale inno alla Vita.
Dalla terra, come fulgide stelle, rifioriscono
tutte le luminose luci degli occhi di chi ha visto,
ha sentito, lottato per una Parola.
Seme di speranza,
fiore che schiude,
senso di ognuno,
parola che con la morte non muore,
parola a noi donata, da non dimenticare: LIBERTÁ!!!
Barbara Lanfranchi
Mentre stiamo qui, appostati nel buio, odo distintamente il gracidio costante delle rane sulle rive della roggia che scorre davanti alla Masnada; un canto all’unisono, costante, che mi rassicura. Le rane non sanno che anche noi, come loro, siamo qui accovacciati nella sera; e se non sentono la nostra paura, se non sentono i battiti accelerati e rimbombanti dei nostri cuori pieni di paura, di ardimento, di esitazione, di slancio, di nostalgia e di speranza forse tutto andrà bene e domani torneremo a casa orgogliosi dell’azione compiuta.
Perlita Serra
Andiamo verso quella casa, ho il coraggio di uscire dalla boscaglia.
Il cammino è breve. Ce la farò. Ce la farò?
Gli ideali, i sogni, la lotta, la pace.
Dove cerco le risate con i compagni, i racconti di gesta, gli sguardi di intesa, le parole rassicuranti?
La paura paralizza la mente.
Non c’è più niente, forse non c’è mai stato.
Buio assordante su di me. Silenzio accecante tra i miei pensieri.
Siamo rimasti tu ed io.
Io sapevo chi ero, ora non mi trovo più.
Tu non eri, non esistevi, sei apparso dal nulla. Dal nulla? Da me.
Quella casa è la salvezza, la speranza.
Pochi passi sono chilometri.
I piedi sprofondano nel suolo, il respiro si blocca, il cuore implode.
La paura paralizza il corpo.
Vinci tu, è tutto nero, è il terrore.
Non mi muovo, posso solo fissare la speranza perduta.
Valeria Marchesi
Distanze vuoti stanze
boati fermento silenzio momento
attimi boschi sedia rischi spia
scale scia fiori fuori
rifugio margine pertugio
voragine ombra
alba filo stalla.
Tutti fermi c’è il ladro di immagini ferme per gente che cammina.
Tutti fermi c’è un cuore qua, ha nella bocca un grido.
Risuona Libertà.
Sergio Cortesi
Cosa vuoi dirmi?
Parli tu o il partigiano?
È tutta una questione di tempo.
Dove abitano gli occhi?
Sono liberi di fermarsi fuori
o di spingersi dentro.
Fra le corde del corpo?
Nella fotografia del pensiero
di quell’istante.
È corpo o schermo?
È radiografia del corpo
ancora umano.
A chi appartiene?
A chi vi trova se stesso e l’altro
come nello specchio.
È imbavagliato, eppure parla.
È legato, eppure è libero.
È tronco, eppure ha i rami.
Se lo si sentirà parlare,
se si distingueranno i rami,
allora, apparterrà.
Allora, è davvero
una questione di tempo.
Ha fatto in tempo?
Marco Bergamini e Rita Ceresoli
Cosa pensavi. Io, qui, ora, seduta, comoda, forse libera, ti chiedo cosa pensavi. Nelle vene il gelo, sento il fine tremore, ma il mio sangue è caldo e il cuore batte. Cosa pensavi quando una mano imponeva il silenzio del tuo corpo. Gli occhi gonfi, non vedo chiaro, dimmi cosa pensavi. Dietro la casa, dietro la villa, dietro la vita. Davanti la terra, davanti il vaso e il caos, davanti altra vita. Cosa pensavi mi grida dentro. Punti come valori, punti come idee, punti come luoghi, punti come volti, punti come ricordi, punti come biglie che da bambino custodivi nella piccola mano.
Punti come dadi che la sorte gioca in un rotolare perpetuo senza esito. O punti come neuroni di una rete semplicemente complessa. E se l’altro fosse solo uno specchio più veloce?
Sara Rossi
Servirà questo piccolo volo?
Qualcuno lo chiamerà folle, ma io non potevo non tentare di spezzare la gabbia in cui ci hanno costretto.
Perché vivere non coincida con il semplice respirare, ma sia sentirsi parte a pieno del mondo, siamo fragili, piccoli e troppo spesso le visioni distorte di “aspiranti all’immortalità” tentano di schiacciarci e di bruciare quanta bellezza c’è qui, in noi, in uno specchio d’acqua o in un filo d’erba.
Allora per questo minuscolo mondo, abitato da noi minuscoli esseri, vale la pena alzare la testa e battere le ali.
Maria Dragoni
Sotto la coltre del campo bianco non saranno più quei giorni di sole, sotto la coltre del campo grigio solo la terra: sorde le voci, confuse parole… sotto la coltre del campo nero: nel solco, nel buco, nella vorace fossa: niente più cuore, né più anima: solo un mucchio di ossa.
Luca Prometti
VILLA MASNADA 1944 – 2016
Più non resisto
al fetido rancore dei comandi
alle strutture madide d’asbesto
al gravido bruciore dei burocrati
al sogno che tradisce acuminato
ma un’arma, un’arma sola
recuperata al tedesco lurco o al repubblichino
un’arma che m’insegni a non sparare
sarà la mia compagna per la vita
sarà la mia compagna per la fuga
con dietro cani e italiani
abbietti che braccano
magro il mio tempo
in mezzo al grigio incendio delle messi
in mezzo al folto d’ombre d’alto fusto:
finché, chiusa ogni via, lame non caleranno
nella mia nuca versate ancor boglienti
Così noi resistiamo
Nota: “…Tutto mi portò via il fascista abbietto / ed il tedesco lurco”, da ‘Avevo’ di Umberto Saba
Gianluca Paciucci